Cristo si e fermato a Eboli by Carlo Levi

Cristo si e fermato a Eboli by Carlo Levi

autore:Carlo Levi [Levi, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub, azw3
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


per cui morì la vergine Cammilla

Eurialo e Turno e Niso di ferute.

Poi venne Roma, e perfezionò la teocrazia statale e militare dei suoi fondatori troiani, che, vincitori, avevano però dovuto accogliere la lingua e il costume dei vinti. E Roma si urtò anch'essa nella difesa contadina, e la lunga serie delle guerre italiche fu il più duro ostacolo al suo cammino. Anche qui gli italiani dovevano militarmente perdere, ma salvarono tuttavia la loro natura, e non si mescolarono ai vincitori. Dopo questa seconda guerra nazionale, la civiltà contadina, chiusa nell'ordine romano, restò come addormentata nella sua pazienza. La civiltà feudale che, col passare di secoli, di eventi e di genti diverse, seguì, non era certo una civiltà di contadini: ma tuttavia era legata alla terra, ai confini del feudo, e perciò meno contraddittoria al non-Stato rurale. Si può dunque capire perché gli Svevi siano ancora oggi così popolari presso i contadini, che parlano di Corradino come di un loro eroe nazionale, e ne piangono la morte. Certo, dopo la sua caduta, questa terra, che allora fioriva, entrò nella più triste rovina.

La quarta guerra nazionale dei contadini è il brigantaggio. Anche qui, l'umile Italia storicamente aveva torto, e doveva perdere. Non aveva armi forgiate da Vulcano, né cannoni, come l'altra Italia. E non aveva dèi: che cosa poteva fare una povera Madonna dal viso nero contro lo Stato Etico degli hegeliani di Napoli? Il brigantaggio non è che un accesso di eroica follia, e di ferocia disperata: un desiderio di morte e di distruzione, senza speranza di vittoria. – Vorrei che il mondo avesse un solo cuore; glielo strapperei, – disse un giorno Caruso, uno dei più tremendi capibanda.

Questo desiderio cieco di distruzione, questa volontà di annichilimento, sanguinosa e suicida, cova per secoli sotto la mite pazienza della fatica quotidiana. Ogni rivolta contadina prende questa forma, sorge da una volontà elementare di giustizia, nascendo dal nero lago del cuore. Dopo il brigantaggio, queste terre hanno ritrovato una loro funebre pace; ma ogni tanto, in qualche paese, i contadini, che non possono trovare nessuna espressione nello Stato, e nessuna difesa nelle leggi, si levano per la morte, bruciano il municipio o la caserma dei carabinieri, uccidono i signori, e poi partono, rassegnati, per le prigioni.

Di veri briganti, di quelli del '60, non ce n'è quasi più. Uno ne vive, mi raccontò la Giulia, qui vicino, a Missanello. È un vecchio di novant'anni, con una gran barba bianca, ed è un santo. Era stato un temuto capo di bande. Ora vive nel paese, onorato dai contadini come un patriarca; si ricorre a lui per consigli in tutti i casi difficili della vita. Mi dispiace di non essere mai potuto andare a conoscerlo. Un altro lo incontrai un giorno a Grassano. Ero nella bottega di Antonino Roselli, il mio segretario-barbiere-flautista, e mi facevo radere, quando entrò un vecchio robusto dal viso colorito, dai grossi baffi bianchi e dal portamento fiero, dagli arditi occhi azzurri, vestito di velluto alla cacciatora: non l'avevo mai visto in paese.



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